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Ho voluto questo articolo perchè la drammatica situazione in Medioriente ed altrove mi riporta alle narrazione che mio padre ci faceva...
Museo non vuol dire solo Uffizi, tele e/o reperti archeologici.
Museo è civiltà contadina, ma anche realtà dedicate al brigantaggio o ad un momento storico come l’Operazione Avalanche la più grande manovra militare avvenuta nel Mediterraneo, ma anche la più grande operazione di sbarco sino a quel momento mai effettuata nella storia militare.
Superata soltanto, di lì a pochi mesi, dallo sbarco in Normandia, l’Operazione Avalanche interessò 1.000 navi con quasi 200.000 militari inglesi ed americani che sbarcavano sulle coste della Piana del Sele a pochi passi da Salerno.
Tracce di essi son rimaste sul territorio. Nel cimitero alle porte della città, per esempio.

Era doveroso creare un museo dedicato alla storia dello sbarco alleato a Salerno nel 1943. Esso racconta con cimeli e oggetti rari il contributo degli Alleati e della Resistenza italiana alla liberazione del Mezzogiorno.
Nel mio blog in WP ho inserito un video creato per ricordare il sacrificio di tanti.
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Salerno presa a Gisulfo I per fame? Conquistata con l’inganno ? E’ leggenda, considerando le lacune, le omissioni nelle cronache e quanto, ieri più di oggi, sui cronisti penda la “spada di Damocle” del potere.
Scrutando dal Castello di Arechi l’ orizzonte è facile capirne l’importanza. La vista, complice il nitore della giornata, bacia la Costiera, da un lato, e gli avamposti del promontorio di Palinuro dall'altro. Una cooperativa di giovani ha rilevato la gestione del sito. Un piccolo miracolo, per un Sud asfissiato dai problemi occupazionali.
Può capitarvi di visitare la fortezza grazie alle spiegazioni di una guida bionda. Avrete i normanni, allora, a portata di mano.
Le pagine della storia del Castello si sono alimentate del reperimento di numerose monete d’oro e d’argento, dsi suppellettili e di tanto altro.
Osservando i dettagli della fortezza, come sono stati recuperati al pubblico, si ha una visione abbastanza chiara sia dell’evoluzione del suo sistema difensivo, sia della vita che vi si conduceva sia delle peculiarità dei Principi che l’hanno posseduta.
Il restauro ha cavato fuori molti fili per tessere il mosaico del suo passato. Manca ancora tanto, ma il lavoro continua.

Ci parlano del Medioevo le feritoie da dove calavano l' olio bollente, i pertugi per le armi da puntare, le tracce dei sistema difensivo che, come una matrioska, proteggeva il Signore del Castello.
Parlano i quasi intatti canali per le acque, l'impianto termale, i camminamenti ricostruiti, i cortili, l'accesso di epoca angioina.
Ed anche il tratto del selciato originale venuto, recentemente, alla luce. Via che metteva in collegamento la fortezza e il Porto.
E le pietre della poderosa e diroccata Turris maior..

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Il Cilento, diviso tra il mare e le colline, celebra il suo trionfo nella vetta del Cervati, ovvero 1.898 metri da raggiungere solo fino a metà percorso in auto.
Esige gambe buone questo gigante situato al centro-sud del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, nella grande area forestale di Pruno, principalmente tra i comuni di Piaggine e Sanza. Il corpo montuoso tocca anche il comune di Monte San Giacomo. Nei pressi della cima, a devozione della Madonna della Neve si trovano un piccolo santuario, a 1.852 m, ed una cappella situata in una grotta naturale, a 1.830 m nel Comune di Piaggine.

Come tanti massicci dell’Appennino il Cervati mostra la sua natura carsica, le conche d’altura, le doline e inghiottitoi, le sorgenti, i torrenti temporanei. E mostra anche le sue pareti a strapiombo, i profondi canaloni, i torrioni e le guglie rocciose, i boschi misti e le faggete che si aprono in piacevoli radure verdi.
Il massiccio è oggi percorso interamente dal Sentiero Italia Cai con due tappe, la S02 e S03. La prima tappa sale da Sanza (558m) al Rifugio Cervati (1597m) percorrendo il Vallone Secco. La tappa successiva raggiunge la zona sommitale del Cervati e prosegue in discesa verso l’abitato di Piaggine. Il modo meno faticoso per raggiungerne la vetta è comunque la strada del Cervati, prima asfaltata e poi sterrata, che si dirama dalla provinciale che collega Sanza e Rofrano e sale con stretti tornanti fino alle quote più alte. La zona sommitale è un pianalto sul quale spiccano una ventina di dossi, tra i quali, in posizione centrale, la cima più alta. Dal belvedere si gode un esteso panorama verso le cime del Cilento, il Vallo di Diano e l’Appennino Lucano.
Sarebbe stato più agevole qualche decennio or sono introdurre un lettore ad un tema tanto ampio come il Cilento, e non solo geograficamente intendo.
Ieri il concetto stesso di paesaggio era meno oneroso da affrontare.
Nell’ ieri si era inclini ad occuparsi di un habitat, scrutandone solo i dati geografici o storico-economici.
L’ oggi, di contro, comporta l’ occuparsi anche di qualità della vita, di partecipazione democratica dei cittadini alla gestione di un habitat.
Nell’oggi, dinnanzi a scenari apocalittici che stanno vistosamente cambiando il clima del mondo, è bruciante il tema della tutela e dell’ espressione di valori che tra storia e identità si inerpicano e intersecano seguendo il “fil rouge” principe dell’etica.
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La prima Scuola Medica è nata al Sud e lo sanno solo gli addetti ai lavori. E’ un vero peccato.
Nel Medioevo era celeberrima a Salerno, nota come la “Hippocratica Civitas”. I cittadini di oggi e i turisti, incantati davanti e dentro quel Duomo voluto dal Guiscardo, conoscono solo il volto natalizio e luminoso di una città che vanta un prepotente affaccio sul mare come poche nel Tirreno ed un golfo che spazia da Amalfi e Palinuro.
Da qualche anno, mese più mese meno, la città campana si è attrezzata con una sede nuova per la antica Istituzione, nata grazie agli influssi orientali e non solo.
Il Museo Virtuale della Scuola Medica Salernitana è allocato nella zona più frequentata dai turisti e, pertanto, più gettonata di Salerno; quella via dei Mercanti il cui nome la dice lunga.
In quel dedalo di viuzze , dove furono confinati gli amalfitani nel Medioevo, accanto alla ex Chiesa San Gregorio, sorge il Museo virtuale, generato dalla trasformazione e dall’ampliamento del Museo Didattico della Scuola Medica Salernitana, realizzato nel 1993 dalla Soprintendenza.
Nella nuova realtà rivivono in maniera coinvolgente storia e personaggi dell’ antica Istituzione in un racconto che sembra favola, stringato e rigoroso al tempo stesso.
Narra un'antica leggenda che l'ars medica salernitana sia nata dall'incontro tra quattro maestri, Helinus, Adela, Pontus e Salernus, un ebreo, un arabo, un greco e un salernitano. Dall’unione dei loro saperi avrebbe avuto origine quella scuola la cui fama avrebbe travalicato i confini del paese.
La fusione di elementi del mondo antico, bizantino ed islamico che la leggenda sottolinea, è alla base di quel sincretismo culturale che caratterizzò il Mezzogiorno d’Italia durante il Medioevo e che produsse a Salerno - importante centro di scambi commerciali nel cuore del Mediterraneo e capitale del principato longobardo - esiti culturali ed artistici originali e raffinati.
Fu una magnifica pagina vergata dai monaci benedettini e sotto il dominio dei principi longobardi negli anni immediatamente seguenti al Mille.
Con loro Salerno divenne baricentro del rinascimento scientifico dell’Occidente.